Oggi parleremo di uno dei personaggi più famosi dell’antichità, Spartaco, il gladiatore ribelle, l’uomo che ha fatto tremare Roma, attraversando l’Italia da cima a fondo alla testa di un esercito di schiavi ammutinati. Un simbolo degli oppressi, il cui mito nei secoli ha oltrepassato I confini Europei conquistando la Russia, l’America e come vedremo anche la Cina.
Ma come è nato e soprattutto come si è sviluppato il mito di Spartaco? Pur essendo stato citato da Montesquieu e Voltaire già nel settecento fu solo nell’ottocento che aumentò l’interesse per le gesta del gladiatore trace, quando nelle fabbriche d’Europa gli operai hanno avuto di nuovo la sensazione di essere trattati come schiavi. E come nella Roma Repubblicana anche allora si ebbe la sensazione di essere tanti, una massa che aveva voglia di farla pagare ai padroni.
L’inizio di un mito!
Il primo che ha menzionato Spartaco come un simbolo dei proletari è proprio Karl Marx in una interessantissima lettera ad Engels del 1861. In questa lettera il padre del comunismo descrive Spartaco come uno dei personaggi più straordinari della storia antica, un grande e coraggioso generale. Non come Garibaldi che Marx considerava un ingenuo, uno che si lasciava manipolare, che non avrebbe mai fatto la rivoluzione e che, di fatto, ha solo sottratto il Regno di Napoli ai Borbone per consegnarlo ai Savoia. Spartaco invece fu per Marx un’anima nobile, un vero rappresentante del proletariato antico.
Ma anche Garibaldi, naturalmente, apprezzava Spartaco. Qualche anno dopo infatti, in Italia esce un romanzone, Spartaco di Raffaello Giovagnoli, garibaldino, con prefazione proprio di Giuseppe Garibaldi. Nella prefazione il Garibaldi paragonandosi a Spartaco si dichiara un liberto, un ex Schiavo che auspica un futuro in cui non ci saranno più né schiavi né padroni.
La rivolta Spartachista in Germania
Per arrivare ad una vera e propria rivolta in nome di Spartaco dovremo arrivare all’indomani del primo conflitto mondiale quando in Germania le ripercussioni della disfatta subìta in guerra lasciarono tracce profonde sul piano politico, economico e sociale. Fu allora che la Lega di Spartaco, un gruppo di estrema sinistra che diede poi vita al Partito Comunista Tedesco, sostenenne una svolta di tipo rivoluzionario. Così nel gennaio del 1919 un gruppo di spartachisti insorsero contro il Governo di Berlino con una violenta rivolta armata che però fu brutalmente repressa nel sangue dall’esercito Tedesco.
Anche in unione Sovietica il mito di Spartaco fu molto sentito, soprattutto nel campo sportivo. Pensiamo innanzitutto alla squadra di calcio dello Spartak Mosca che tutt’ora milita nel campionato russo. Sembra che l’origine del nome sia dovuto al Romanzo “Spartaco” di Raffaello Romagnoli allora molto letto in Russia, perchè ispirato ad un eroe simbolo per la rivolta degli oppressi verso l’oppressore in uno stato nato proprio da una rivolta.
Un evento sportivo russo che invece non esiste più sono le Spartachiadi. Si tratta di un evento nato nel 1920 per contrapporsi alle Olimpiadi. A differenza di queste ultime però, dove possono accedere solo un élite di campioni, alle spartachiadi potevano partecipare tutti, tanto è vero che un anno parteciparono quasi 90 milioni di persone. Come per lo Spartak dovevano il loro nome al celebre gladiatore Capuano diventato oramai il simbolo dell’internazionalismo proletario nei Paesi del blocco comunista.
Lo sbarco del mito negli USA
Ma il mito di Spartaco era destinato a conquistare anche il nuovo mondo. L’occasione fu data da “Spartacus” il grande film voluto da Kirk Douglas la cui regia fu affidata ad un giovane Stanley Kubrick. E’ interessante notare che anche in America le radici del mito di Spartaco sono comuniste, perché il film è tratto da un romanzo di Howard Fast, uno scrittore americano comunista e quindi perseguitato dai maccartisti, un movimento statunitense di avversione al comunismo e in genere alle correnti di sinistra. All’inizio il film fu infatti boicottato dalla destra americana perché ritenevano, che parlando appunto di schiavi ribelli, strizzasse l’occhio ai pericolosi ideali comunisti, finché il presidente Kennedy in persona non è andato a vederlo e ha fatto sapere che gli era piaciuto moltissimo. E a quel punto l’opposizione maccartista venne messa al tappeto e Spartacus vinse ben quattro Oscar. E da allora Spartaco è anche un mito americano, anche ai giorni nostri, tanto è vero che in questi anni c’è una serie televisiva di grande successo dedicata proprio a Spartaco, (Spartacus sangue e arena) che è già arrivata alla terza edizione. Ma il mito del gladiatore capuano è talmente attuale che dopo avere conquistato il Cinema e la TV prosegue tuttora la sua marcia trionfale nel mondo dei videogiochi. Nel 2013 la nota casa produttrice di videogiochi UBISOFT ha prodotto “Spartacus Legend” liberamente ispirato alla serie TV americana e come se non bastasse pochi mesi fa, nel giugno di quest’anno, la SONY ha annunciato un nuovo servizio in abbonamento chiamato Playstation Spartacus.
Come abbiamo potuto fin qui vedere, il mito di Spartaco ha attraversato il tempo e lo spazio, dall’antica Roma, alla prime rivoluzioni nel Vecchio continente, fino alla Cina di Mao, passando per i Kolossal hollywoodiani, serie TV e video games.
Il mito del gladiatore ribelle in Cina
Grazie ad un recente libro intitolato “Spartaco a Roma e nel Celeste Impero” possiamo difatti scoprire le cause del grande successo riscosso anche in Cina e nei paesi del blocco comunista dal romanzo Spartaco di Raffaello Giovagnoli. Dimenticato in Europa dal pubblico e dalla critica subito dopo i primi successi, questo romanzo rimane, almeno fino alla fine degli anni Ottanta – Novanta del XX secolo, uno dei pochissimi titoli italiani disponibili in Cina, insieme alla Divina Commedia e al Decameron.
Ma chi era l’autore di questo libro? Garibaldino, patriota, giornalista dalla vigorosa vis polemica e letterato, Giovagnoli rimane oggi in Italia sconosciuto ai più, e i suoi romanzi con lui. Eppure, fra le numerose opere letterarie dedicate al prode gladiatore, è proprio il suo Spartaco che più trasse vantaggio dalla grande diffusione del mito spartachiano nei Paesi del blocco comunista nel secolo scorso. Il pathos risorgimentale del Giovagnoli, per noi così melodrammatico e manierato, riesce invece a parlare al pubblico cinese di oggi, è ascoltato nei blog letterari e raggiunge, attraverso la rete, le case di moltissimi Cinesi.
Siamo arrivati al termine di questo interessante reportage sul mito di Spartaco, il gladiatore ribelle, le cui gesta rieccheggiano ancora oggi in tutto il mondo. Abbiamo visto il nostro eroe celebrato in tanti modi ed in tanti Paesi, come l’America e la Cina, fuorchè nei luoghi che videro le sue gesta, dove oggi il suo mito sembra meno sentito che altrove. Per restare in tema di locuzioni latine ci verrebbe da dire: Nemo propheta in patria, nessuno è profeta nella sua patria , a casa propria. Forse è venuto il tempo di dedicargli una bella statua nel centro storico di quella che viene chiamata ancora La città di Spartaco.